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Pensioni di reversibilità ai superstiti: requisiti e importi 2024

La pensione ai superstiti è una prestazione economica pagata ai familiari a carico dell’assicurato deceduto. I trattamenti possono essere di due tipi:

  • pensione di reversibilità in caso di morte del titolare di pensione;
  • pensione indiretta in caso di morte di un assicurato ancora non in pensione ma con i requisiti già maturati.

Sulla base della normativa in vigore e dei provvedimenti di prassi INPS, in questo articolo cerchiamo di offrire un quadro completo dei diritti previdenziali che spettano ai familiari a carico di un pensionato dopo il suo decesso, con un focus sugli aggiornamenti in relazione ai requisiti reddituali richiesti ed alla rivalutazione degli importi erogati.

Hanno diritto alla pensione di reversibilità i familiari superstiti individuati dall‘articolo 22 della legge 903/1965 (quindi coniuge e figli minorenni, oppure inabili al lavoro e a carico del genitore deceduto). L’assegno varia di importo in base al grado di parentela e al numero dei beneficiari nonché ai redditi da questi percepiti.

C’è poi l’indennità per morte o quella una tantum, che spettano invece al coniuge del defunto che non aveva ancora maturato il diritto alla pensione.

Pensione ai superstiti: come funziona

Nel caso di decesso di un pensionato, i familiari hanno diritto alla cosiddetta pensione di reversibilità: la condizione necessaria è che il pensionato sia titolare di pensione diretta (di vecchiaia, anticipata, anzianità, inabilità e pensione di invalidità) oppure ne abbia in corso la liquidazione.

  • 15 anni di assicurazione e di contribuzione oppure 780 contributi settimanali;
  • 5 anni di assicurazione e contribuzione oppure 260 contributi settimanali, di cui almeno tre anni oppure 156 contributi settimanali nel quinquennio precedente la data del decesso.

Attenzione: i superstiti del titolare di assegno ordinario di invalidità sono considerati quali superstiti di assicurato, quindi non prendono il trattamento di reversibilità ma la pensione indiretta, calcolando come periodi validi anche quelli in cui il parente deceduto percepiva l’assegno di invalidità.

Non sempre ci sono tutti i requisiti per ottenere la pensione di reversibilità o quella indiretta. Ecco perché subentrano due tipologie dindennità a sostegno del reddito dei familiari del deceduto.

  1.  Se manca il diritto alla pensione indiretta ma il lavoratore era assicurato nel regime retributivo o misto, è riconosciuta un’indennità per morte rapportata all’ammontare dei contributi versati: nei cinque anni anteriori alla data della morte dell’assicurato deve risultare versato o accreditato almeno un anno di contribuzione. L’importo dell’indennità è pari a 45 volte l’ammontare dei contributi base versati in favore dell’assicurato.
  2. se mancano i requisiti per la pensione di reversibilità ma l’assicurato aveva un trattamento pensionistico liquidato nel sistema contributivo, è prevista l’erogazione di un’indennità una tantum, pari all’assegno che percepiva il lavoratore moltiplicato per gli anni di contributi versati.

Soglie di reddito per la pensione di reversibilità

Il trattamento è annualmente ricalcolato in base a delle soglie di reddito massimo richieste ai beneficiari della pensione di reversibilità. La percentuale di taglio può andare dal 25% al 50%, con una regola: sono vietati i tagli all’assegno che comportino un ammontare della pensione più basso della decurtazione stessa.

Le soglie di reddito sono rivalutate annualmente. Con il nuovo indice di rivalutazione per il 2024, pari al 5,4%, prendendo a riferimento un trattamento minimo INPS di 598,61 euro (in via transitoria sale solo per quest’anno a 614,77 euro), ecco come diventano i limiti per il taglio:

  •  nessun taglio per redditi entro il limite di 23.345,79 euro.
  •  taglio del 25% per redditi tra 23.345,79 euro e 31.127,72 euro.
  •  taglio del 40% per redditi tra 31.127,72 e 38.909,65 euro.
  •  taglio del 50% per redditi superiori a 38.909,65 euro.

Pensione al coniuge superstite in caso di nuove nozze o divorzio

Il coniuge ha diritto alla reversibilità o alla pensione indiretta ma perde il trattamento nel momento in cui si sposa nuovamente: in caso di nuove nozze, prenderà un assegno pari a due annualità. Di contro, ha diritto all’assegno anche in caso di separazione.

Anche il coniuge divorziato può aver diritto alla pensione, se nessuno dei due si è risposato se la data di inizio del rapporto assicurativo era precedente allo scioglimento del matrimonio, e sono perfezionati i requisiti di assicurazione e contribuzione stabiliti.

Il coniuge divorziato percepirà al massimo il 60% della pensione che sarebbe spettata all’assicurato: la quota precisa viene stabilità dalla sentenza di divorzio.

Ecco le quote di pensione a cui ha diritto il coniuge, che aumenta se ci sono figli:

  • coniuge solo: 60%;
  • coniuge e un figlio: 80%;
  • coniuge e due o più figli: 100%.

Pensione ai figli superstiti: limiti di età e carico fiscale

Per quanto riguarda i figli, è assicurata la completa equiparazione fra figli legittimi e naturali che non abbiano superato il 18esimo anno di età. L’INPS sottolinea che sono equiparati ai figli:

  • figli adottivi e affiliati del lavoratore deceduto;
  • figli del deceduto riconosciuti o giudizialmente dichiarati;
  • figli non riconoscibili dal deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza, nei casi previsti dall’articolo 279 del codice civile;
  • figli non riconoscibili dal deceduto che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio, ai sensi degli articoli 580 e 594 del codice civile;
  • figli nati dal precedente matrimonio del coniuge;
  •  figli dei coniuge, riconosciuti, o giudizialmente dichiarati:
  • minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norme di legge;
  •  nipoti minori, anche se non formalmente affidati, dei quali risulti provata la vivenza a carico degli ascendenti;
  •  figli postumi, nati entro il trecentesimo giorno dalla data di decesso del padre (in tale fattispecie la decorrenza della contitolarità è il 1° giorno del mese successivo alla nascita del figlio postumo).

Indipendentemente dall’età, sono sempre assicurati se riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento del decesso.

Se il figlio è studente, il limite di età è alzato a 21 anni, in caso di frequenza di scuola media o professionale, oppure a tutta la durata del corso di laurea se frequenta l’università, restando all’interno del 26esimo anno di età.

Nel caso dei figli del coniuge, l’INPS verificherà che il genitore naturale non abbia l’obbligo di erogare somme a tutela di mantenimento. Ecco le quote di pensione dei figli:

  • un figlio: 70%;
  • due figli: 80%;
  • tre o più figli: 100%;

Reversibilità ad altri parenti superstiti: a chi spetta

Ci sono casi particolari in cui hanno diritto all’assegno anche i genitori o i fratelli e le sorelle. Per quanto riguarda i genitori, possono percepire l’assegno di reversibilità se il figlio non ha coniuge e figli, hanno compiuto 65 anni, non abbiano un’altra pensione e siano a carico del lavoratore.

Se il deceduto non aveva coniuge, figli o genitori, possono percepire l’assegno fratelli celibi e sorelle nubili, se sono inabili al lavoro, non sono titolari di pensione, siano a carico del lavoratore deceduto. La circolare prevede poi una lunga serie di casi particolari relativi ai figli studenti e ai nipoti. Ecco le quote di pensione degli altri parenti:

  • un genitore: 15%;
  • due genitori: 30%;
  • un fratello o sorella: 15%;
  • due fratelli o sorelle: 30%;
  • tre fratelli o sorelle: 45%;
  • quattro fratelli o sorelle: 60%;
  • cinque fratelli o sorelle: 75%;
  • sei fratelli o sorelle: 90%;
  • sette o più fratelli o sorelle: 100%.

Un caso particolare è quello dei nipoti orfani inabili al lavoro e conviventi con i nonni: in base ad una recente sentenza della Corte Costituzionale, hanno diritto alla pensione di reversibilità indipendentemente dalla loro età.

Noemi Ricci

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